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Attitudine n.1: la non-reattività

Updated: Jun 9, 2020




E alla fine eccomi qua: la lezione di prova... Era un pezzo che volevo provare Yoga ma avevo sempre qualcos'altro di più piacevole e di sicura soddisfazione da fare: la nuova stagione della mia serie preferita su Netflix, la cena con l'amica, la partita di calcetto, l'happy hour, ... o magari avevo sempre qualche impegno inderogabile dal quale non potevo/volevo esimermi (figli da accudire, mariti/mogli,genitori anziani ...) oppure qualche acciacco fisico che mi costringeva sempre a rimandare.

Ma alla fine eccomi qua.

Entro e mi siedo sul tappetino....Pochi minuti e....."Non ce la farò mai a fare quella cosa lì...". Il corpo tira da tutte le parti, i polmoni stantuffano come fossi una locomotiva e la mente, quella poi, sta cominciando ad imprecare in tutte le lingue....

Stop!

Ripartiamo da capo...

Entro e mi siedo, trovo la mia posizione e concedo il tempo al mio corpo di sistemarsi. Se ascolto il mio corpo, una posizione piacevole la trovo. Aahhh, sospiro, e sento il mio viso lasciare andare quella smorfia che "... ti vedo un po' tirato, oggi...".

L'insegnante assume una posizione, ma ci ha detto che non è l'obiettivo, indica solo la direzione . Ci provo e mi ascolto... Partono le tensioni: " Sono rigido come un tronco ...", Poi mi ricordo, non DEVO arrivare alla posizione finale, ma scoprire le mie possibilità ascoltando le sensazioni che il corpo mi invia. Faccio un "passo indietro", arretro e scopro una posizione nella quale, se rimango, il mio corpo non urla e il mio respiro si stabilizza. Dentro di me si crea uno spazio di silenzio via via più ampio, la mia attenzione rimane stabile ad ascoltare il respiro, le sensazioni più o meno intense nel corpo, ...


Reattività vs. Non-reattività.


Riflessi, automatismi, abitudini coltivati nel nostro quotidiano entrano in sala con noi e si infiltrano nella nostra pratica: ad uno stimolo fisico corrisponde una risposta immediata, tanto del nostro corpo quanto della nostra mente, della quale siamo molte volte all'oscuro: ne scopriremo solo le conseguenze, a volte dolorose. Ad uno stimolo reagiamo come la nostra esperienza di vita ci ha insegnato: mi piace, lo accolgo; non mi piace, lo rifiuto. Tac,... taaac!


Lo Yoga vuole andare oltre questo meccanismo, emblematico della nostra essere "umani", per indagare cosa c'è oltre il continuo ripetersi di queste catene

(stimolo)-(memoria/esperienza)-(reazione)

che gli indiani chiamano anche Samsara, la ruota delle rinascite e che ci incatenano, appunto, ad un'esistenza ripetitiva fatta di un susseguirsi di esperienze tutte uguali a sé stesse.

Con lo Yoga noi indaghiamo in noi stessi per passare dalla reazione alla azione, dalla reazione "condizionata" dalla nostra esperienza vissuta, dal nostro essere "umani", all'azione "pura" che nasce dalla nostra dimensione dell'"essere" nel presente di quello che la Vita ci chiede, liberi da memorie che confondono la nostra percezione.

Con lo Yoga coltiviamo lo spazio di silenzio che, impercettibile, esiste in noi tra il momento dello stimolo e la successiva risposta ad esso, vuoi che sia una contrazione muscolare, un'emozione, un pensiero. Perché è in quello spazio silenzioso che nella pratica, lentamente, si espande, c'è l'altra faccia della nostra vita, c'è la creatività che non trova lo spazio per esprimersi, ci siamo, alla fine, veramente noi.

E allora ecco la necessità di un'attenzione costante, per cogliere in noi questi pattern ripetitivi. Ed ecco allora la necessità della lentezza, per permettere alla nostra attenzione di infilarsi in quel minuscolo spazio, altrimenti inaccessibile, tra stimolo e risposta ed accorgersi che si, esiste in noi qualcosa di diverso dal correre come criceti in gabbia sulla ruota, nell'illusione di essere, perché in perenne movimento, liberi.

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