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Attitudine n.2: dalla periferia al Centro e ritorno (2 di 2)

Updated: May 8, 2020


(continua)


E quando rimane solo l'”essere”, cosa succede?


Frequentare questa condizione, coltivarla e passarci tempo porta tutto il nostro mondo interiore a perdere i riferimenti che ci hanno orientato per l'intera esistenza: le pulsioni più terrene, come pure le aspirazioni più profonde presenti in noi, non trovano più un corpo/mente con cui “agire nel mondo”, ossia un corpo/mente con cui continuare a "fare".


E se il tempo che trascorriamo in questa rara e sconcertante condizione diventa significativo, tutta la nostra interiorità è costretta (BhG III,5; la nostra materialità infatti ci “condanna” all'azione) a scoprire nuovi riferimenti che non potranno più appartenere alla dimensione materiale grossolana dell'esistenza.


E questa situazione ci disorienta profondamente, motivo per cui molto spesso il “silenzio”, a qualunque livello si presenti, ci crea un sottile (ma volte neppure tanto sottile) disagio. Nel silenzio, testimoni coscienti ma non coinvolti in quanto di nuovo sta avvenendo, si può aprire in noi una comprensione nuova, la riscoperta di riferimenti profondi e dimenticati, come l'essere tutti figli di uno stesso Principio / Uno / Dio / Vita / Brahman e di condividere con tutti i nostri fratelli i limiti (ma anche le opportunità) di questo nostro passaggio in forma umana.

E questa nuova consapevolezza, una volta “vissuta” nel silenzio della nostra mente/materia, non ci abbandonerà più.

Potremo perfino mentire a noi stessi rinnegando quest'esperienza ma nel profondo del nostro “cuore” (non quello fisico, anche se anch'esso universalmente riconosciuto come sede della nostra parte più spirituale) sapremo le cose come stanno. Sapremo, da sapere, lat. sapio o sapidus, conoscenza resa viva dall'esperienza. E la vita di tutti i giorni non sarà più la stessa.


Ecco perché per me il viaggio verso il Centro che il percorso yogico propone, anche se nella pratica è rivolto dentro noi stessi, introvertito al punto che trova il suo apice nel pratyahara, ossia nella ritrazione/introversione/sospensione delle attività sensoriali, è ben lontano dall'essere un percorso ego-istico ed autoreferenziale come qualcuno pensa, ma è invece un percorso che ci apre alla Vita in maniera più piena, più vera e più libera dai condizionamenti ( ci si prova, eh :-) ) che volenti o nolenti ci portiamo addosso.


Buon anno a tutti!

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